La caccia al servizio della politica …

La caccia al servizio della politica … ma non è così che funziona.

Quando è la politica a prevalere sulla pratica venatoria- In altri stati sono le grandi lobby dei cacciatori a dettare le regole perché più organizzati e capaci di farsi intendere. 

 

In questo periodo la caccia è come il calcio d’estate: tutti che parlano facendo i “fenomeni”, tutti che mostrano i muscoli in attesa delle sfide vere.

La caccia – riorganizzarsi per non scomparire

C’è chi propone e c’è chi critica, chi imbastisce e chi disfa, chi si lamenta e chi minaccia. Insomma le solite beghe e le solite divisioni di sempre che come risultato offrono il fianco ai nemici storici, quegli “animal-ambientalisti” da salotto, comunque ben organizzati, che sanno come districarsi nei corridoi che contano. Nessuno mai disposto ad arretrare di un centimetro dalla propria posizione, quando un passo indietro, su certi argomenti, sarebbe opportuno. Una situazione che mette solo in evidenza la statica situazione in cui versa da anni il mondo venatorio italiano, un mondo che si assottiglia sempre più perdendo la forza che aveva in passato . Un mondo ormai troppo politicizzato, troppo frammentato e per nulla coeso.

La crisi di Governo alimenta la voglia di voto di molti italiani e c’è subito chi ne approfitta (fra di noi n.d.r.) per mettersi in mostra con dichiarazioni, comunicati e presenze, che nulla hanno a che vedere con la nostra passione ma che stanno a dimostrare sempre di più quanto la componente politica stia prevalendo sulla pratica venatoria.

Peste suina africana

Di fatto è un percorso al contrario. In alcuni stati sono le grandi lobby dei cacciatori a dettare l’agenda al mondo politico, obbligandolo ad agire tenendolo sulla corda; in Italia succede l’esatto opposto: sono i gruppi politici che risucchiano i cacciatoti e i dirigenti venatori per garantirsi un certo numero di voti in cambio di cosa ? Di promesse che non potranno trovare riscontro, delle quali ne abbiamo avuto ampia testimonianza in questi anni, promesse che di fatto hanno contribuito a declassare una categoria temuta. Dispensano incarichi periferici, di scarsa incidenza, facendo credere che siano strategici e arruolano aspiranti politici nelle future liste elettorali con il solo scopo di portare acqua al proprio mulino, facendo leva proprio sulla divisione interna.

Il cambio di casacca o di colore non produrrà nulla di diverso da quanto già accade oggi. Non per questo però ci si deve arrendere, anzi sarebbe proprio il momento di gettare le basi per una riorganizzazione di quell’ Ars Venandi di cui tutti ne andiamo fieri con giusto il orgoglio di farne parte. Riorganizzare non significa solo protestare attraverso i social, ma comunicare nel modo corretto, non improvvisato, la funzione del cacciatore sul territorio, l’unica figura capace di gestire l’equilibrio fra uomo e natura.

La Peste Suina, la siccità, il rischio incendi, sono queste le priorità di cui si devono far carico i cacciatori, dimostrando alla società civile che c’è chi vigila e chi tutela veramente l’ambiente, diversamente saranno i nostri antagonisti ad approfittarne per chiedere altre limitazioni e chiusure. 

di Michele Casale

Michele Casale antropologo e naturalista

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