Il vento dei cambiamenti

Qualcosa di nuovo c’è. In poche ore l’Italia sta vivendo un momento quasi storico, di cambiamenti e rinnovamento come mai si era visto prima, con il mondo politico in primo piano.

Al nord c’è Salvini, che scalza Bossi e la sua famiglia, un giovane che ha fatto man bassa di voti e che diventa la nuova guida della Lega.

L’elezione di Renzi alle primarie del PD è stata un trionfo e ora il “rottamatore” si appresta a mettere definitivamente in soffitta la vecchia classe politica, quella legata ancora alle vecchie gerarchie e attaccata alle poltrone e quindi al potere.

Per non parlare del cavaliere, spintonato fuori dalla scena politica attiva a suon di sentenze.

Ma quello che più spicca è la protesta dei “forconi”. La protesta di queste ore, di questi giorni, è lo sfogo di migliaia di lavoratori, padri e madri di famiglia disperati che non vedono futuro per le loro aziende ed i loro figli. Condannare senza comprendere sarebbe ed è l’errore più grave che la politica possa fare. Manifestazioni che, in diverse parti d’Italia, stanno prendendo vita con presidi e blocchi stradali per protestare contro la mancanza di lavoro, le politiche di austerity europee ed un sistema fiscale sempre più vessatorio.
Per le strade, al fianco della gente e dei lavoratori, anche i poliziotti, mandati a intimidire e soffocare questi presidi spontanei, si sono levati i caschi e hanno marciato al loro fianco.

Tutti segnali di un cambiamento che la gente comune voleva ed aspettava da anni con tutte le proprie forze, senza colori e senza bandiere.

Anche l’europarlamentare Sergio Berlato è intervenuto sulla questione con una appropriata e condivisa dichiarazione: “Non dimentichiamoci – dice Berlato – che non stiamo parlando dei soliti manifestanti di professione, abituati a scendere in piazza per distruggere vetrine di negozi e mettere a ferro e fuoco le nostre città. Stiamo assistendo all’espressione di un profondo disagio e malcontento presente in larghe fasce della popolazione, e non possiamo chiudere gli occhi o limitarci a porre l’accento sui disagi che queste manifestazioni creano”.

“La politica – prosegue l’On Berlato – ha la sua parte di responsabilità se nel Paese c’è questo diffuso stato di malessere, se non si colgono questi segnali di allarme, si rischia di scavare un solco ancora più profondo tra il Palazzo e la gente”.

Un cambiamento che non sappiamo dove ci porterà, ma che era auspicato da molto tempo. Un cambiamento che anche i settecentomila cacciatori sognano e vorrebbero, per dare forza alle loro battaglie e per poter praticare la loro passione in totale sintonia con il mondo civile, nel rispetto delle regole ma anche con il diritto sancito dalle leggi. Anche i cacciatori invocano un rinnovamento, una nuova primavera, capace di unire e non di dividere. Da una parte si creano gruppi associativi nuovi, da un’altra c’è chi organizza (ancora…) il partito dei cacciatori, poi ci sono le vecchie associazioni che coltivano i loro orti, grandi o piccoli che siano. Tutte situazioni che dividono e creano sempre maggiore sconforto all’interno di un mondo venatorio che non si sente più rappresentato.

Sembra quasi che la parola “unione” faccia paura, che si abbia il timore di perdere potere sui propri associati e sulle amicizie (si fa per dire) legate ad un vecchio modo di fare politica. I cacciatori, che sono sempre stati trasversali alle vicende politiche devono ritrovare quel senso di unione e di unità smarrito con il tempo. Basta con le liti di condominio e con la difesa della propria forma di caccia, lepraioli contro capannisti, cacciatori di una provincia che chiudono le porte a quelli di un’altra e simili, o associazioni che si “rubano” gli associati…

Bisogna essere capaci di guardare più in là e di programmare, uniti, un cammino e un progetto comune, che tenga conto dell’ambiente e dei miglioramenti ambientali, che sappia dialogare con il mondo rurale e che non si chiuda a riccio davanti ai primi ostacoli da superare.
Un confronto aperto tra le associazioni per una caccia sostenibile ed una unità nazionale è in atto. Federcaccia, Anuu e Arci stanno dialogando e in alcune regioni qualcosa sta cambiando. Solo il comune controllo di una caccia sostenibile, accompagnata da scienza e competenza, basata sulla gestione faunistica e ambientale, costituisce la base solida su cui poggiare un futuro più certo.

Beppe De Maria

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