L’unica strategia è l’unione
La caccia in Italia ha sempre più restrizioni ed è sempre più breve. La selvaggina da prelevare è sempre meno (ma non le tasse governative), le associazioni si contendono gli associati promuovendo la migliore copertura assicurativa, aumentano i controlli venatori da parte di sigle animal-ambientaliste che si mascherano da Onlus e così via. Nessuno vuole vedere al di là del proprio naso e tolto qualche azione qua e là, isolata e sterile, tutto rimane come prima. Una lenta agonia che porterà verso una caccia d’elite (per chi ne avrà le possibilità) nelle riserve e all’estero.
Invece di restare compatti, di provare a ritornare come venti o trent’anni fa, quando i cacciatori, oltre che a contare numericamente godevano anche di un rispetto politico, oggi si guarda nell’orto del vicino, cercando di danneggiarlo con invidia. Si creano sigle e movimenti di qualche decina di amici e si sbandierano proclami per poi finire inevitabilmente sconfitti. Sconfitti da chi ha veramente capito che è solo l’unione e l’organizzazione compatta delle persone a fare la differenza. Ecco perché è necessario che il mondo venatorio metta da parte ogni velleità personale, ogni ambizione politica e ogni rivalità nei confronti di questa o quella associazione. Ecco perché sarebbe ora di mostrare quella capacità che in molte occasioni i cacciatori di tutta Italia hanno sempre saputo dimostrare, sia sul fronte della solidarietà che nel sociale, anche nel comprendere che l’unione fa la forza. Invertire la rotta, tornare a ragionare con fermezza tutti uniti. Remare insieme dalla stessa parte per non fare il gioco di chi vuole annientarci. Il problema è che il cacciatore a parole ci starebbe anche ma poi nei fatti si lascia trascinare e quando riapre la stagione venatoria pensa solo alle sue giornate di caccia, ai suoi cani, agli abbattimenti numerosi, a come “fregare” le guardie e alle sbevazzate con gli amici. Per non parlare di quelli che usano i social network per farsi vedere belli con 50 germani o 200 allodole. Che dire… che tristezza!
Ma prima di appendere la doppietta al chiodo almeno proviamo ad essere uniti e… seri.
Beppe De Maria
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