L’anello mancante – ecco il resoconto dei CC Forestali
L’ Anello mancante – questo è il nome dato dai CC Forestali all’operazione che ha visto innumerevoli controlli ai capanni di caccia e perquisizioni varie. Nel comunicato i CC elencano alcuni numeri relativi ai dati dell’operazione. Come noto e come tutti sanno per raggiungere questo obbiettivo i Forestali si sono avvalsi della collaborazione di veterinari e segnalatori delle associazioni animaliste più note.
L’Anello Mancante – Di seguito riportiamo il testo integrale del Comunicato stampa che ci è pervenuto dal Comando CC Forestali di Brescia
COMUNICATO STAMPA
Operazione “L’Anello Mancante” – sequestrati dai Carabinieri Forestali CITES oltre 2.500 esemplari di avifauna e denunciati 104 soggetti all’Autorità Giudiziaria.
I carabinieri forestali hanno concluso la Campagna denominata ‘L’Anello Mancante’, coordinata dal Reparto Operativo – Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati a Danno degli Animali (S.O.A.R.D.A.) del Raggruppamento Carabinieri CITES e condotta congiuntamente ai Nuclei Carabinieri CITES di tutta Italia.
Nell’ambito della campagna sono stati effettuati oltre 500 controlli deferite all’Autorità Giudiziaria n. 104 persone e rinvenuti e posti sotto sequestro circa 2500 uccelli vivi.
Elevate inoltre n. 44 sanzioni amministrative per un importo di circa 32.000,00 Euro. I controlli sono stati volti ad accertare la legale detenzione di avifauna. La fauna selvatica è qualificata dall’ordinamento giuridico quale ‘patrimonio indisponibile dello Stato’ e, pertanto, la legale detenzione di ciascun esemplare di uccello allevato richiede che ogni esemplare per essere detenuto debba essere provvisto di un anello INAMOVIBILE in metallo, che non abbia subito alcun tipo di manomissioni, infilato agevolmente con una manovra assolutamente indolore al tarso dell’animale e senza recare danno quando questo è ancora nidiaceo, in modo che con la crescita dell’animale, e quindi della sua zampa, l’anello risulti non più sfilabile ed unitamente alla documentazione prevista dalla normativa vigente ne attestano la legittima detenzione.
L’anello ha, infatti, valenza di “Sigillo di Stato” e pertanto la sua contraffazione o l’uso abusivo di tali sigilli configura dei reati.
I controlli finalizzati all’accertamento della regolarità dell’anello si sono svolti congiuntamente a ornitologi accreditati inanellatori dall’Istituto Superiore per la Protezione e al Ricerca Ambientale (ISPRA) e veterinari resi disponibili anche dalle associazioni ambientaliste Lipu, Legambiente, Cabs ecc.
I controlli hanno interessato prevalentemente allevatori di avifauna anche particolarmente protetta, che alimentano il mercato degli uccelli da richiamo e quello ludico-ricreativo,
anche riguardo ad esemplari provenienti da altri paesi europei.
«Il numero di uccelli rinvenuti – spiegano i carabinieri forestali – evidenzia un business illecito di particolare rilievo, considerato che il valore di mercato di un esemplare “da
richiamo” può raggiungere anche 500 euro».
Durante i controlli, emerge spesso una pratica che, tramite la cattura illegale di uccelli in natura e l’illecita apposizione agli stessi di anelli identificativi contraffatti o inidonei,
prevede la successiva commercializzazione degli stessi, come esemplari da richiamo per l’attività venatoria o a scopo amatoriale a ignari acquirenti convinti di acquistare
legittimamente uccelli di allevamento.
Sempre più diffuso è il mercato illegale sia di avifauna da richiamo vivo che di esemplari di uccelli appartenenti a specie protette e particolarmente protette ad esempio i fringillidi,
come Cardellini, Lucherini, Frosoni, Verdoni che rimangono sistematicamente vittime di metodi di cattura illegali quali: reti, trappole, richiami acustici e colle riuscendo a generare
giri d’affari nell’ordine di centinaia di migliaia d’euro l’anno. Nel tentativo di “ripulire” gli animali destinati alla vendita, fraudolentemente, soggetti senza scrupoli appongono al
tarso degli uccelli anelli necessariamente contraffatti per poter riuscire ad infilarli in quanto gli esemplari catturati hanno già superato i primi 10 giorni di vita periodo in cui è consentita
l’apposizione dell’anello.
In tali casi tra i reati ipotizzabili vi sono, oltre alla frode in commercio, la contraffazione e l’uso abusivo di sigilli, la ricettazione, il maltrattamento animali (alcuni esemplari presentavano lesioni traumatiche agli arti dovute alla manipolazione finalizzata all’inanellamento).
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