Dal Consiglio Nazionale di Arci Caccia
Dal Consiglio Nazionale di Arci Caccia
In attesa del prossimo Congresso Nazionale una dura ed accorata relazione del Presidente Christian Maffei
Sottopongo all’attenzione del Consiglio questa mia relazione, che si limita a indicare alcuni temi e riflessioni che il documento politico definitivo dovrà affrontare.
Evidenzio che sono argomenti che abbiamo, di fatto, affrontato in tutti i nostri Congressi, mi pare però che, sempre di più, possa cadere in capo ad ARCI Caccia l’onere della proposta, piuttosto che il dovere della risposta. Il Presidente Christian Maffei
Dal Consiglio Nazionale di Arci Caccia
rci Caccia in congresso a Chianciano 2025
1) Quale modello di attività venatoria propone ARCI Caccia? Quali proposte e correttivi si possono/devono apportare alla 157/92?
La mia personale convinzione è che, o permane in Italia un’impostazione pubblica e sociale della caccia, oppure nemmeno il nostro sistema associativo ha senso di esistere:
Alcuni punti:
I ventilati professionisti che si occuperanno dei contenimenti delle specie in esubero, si rappresenteranno come fanno gli operatori economici e non come fanno gli appassionati.
Un’attività venatoria totalmente in mano al mondo agricolo sarà rappresentata dal potente ed economicamente forte sistema della rappresentanza delle loro Associazioni, di cui la caccia sarà un corollario.
Trasformare, come ho sentito dire, ARCI Caccia in un sistema di club che si occupano di specifiche cacce con un approccio di pura testimonianza culturale e scientifica potrebbe
essere un facile ripiego ma di nessuna utilità alla collettività.
Quindi, va fatta in maniera decisa una scelta, rimaniamo un’Associazione in senso stretto, continuando il percorso all’interno del sistema del terzo settore, oppure ci arrendiamo ai tempi che prevedono e premiano modelli di rappresentanza estremamente diversi?
Io penso che, se si decidesse per la seconda ipotesi, occorrerebbe però dire chiaramente che il nostro legame aggregativo non è più un mix virtuoso di valori e passione per la caccia, ma solo la cura di una serie di interessi specifici e personali.
2) In questi cinque anni ho sperimentato come per noi sia stato difficile il rapporto con il mondo politico, almeno quello del centrosinistra. Con grande onestà intellettuale
occorre affermare che abbiamo iniziato e occorre portare avanti, all’interno di quel mondo, una battaglia per fermare l’animalismo che oggi impera nelle segreterie. Per questo occorre dire con chiarezza, e pubblicamente, che su tanti temi a noi cari, la sinistra sbaglia esattamente come il centrodestra.
Tra l’altro il mondo politico di riferimento classico di ARCI Caccia commette costantemente una pesante mancanza di rispetto nei nostri confronti, consentendo al resto del panorama delle associazioni venatorie, che ha fatto una precisa e innegabile scelta di campo, nel sostegno senza sé senza ma alla maggioranza, di tenere costantemente i piedi in due staffe
Sbaglia anche nel tenere rapporti privilegiati con quel mondo ambientalista che, a fasi alterne, chiede soccorso alla sinistra per sostenere le sue battaglie, ma che poi fa progetti
e premia pubblicamente i principali esponenti politici del centrodestra. Queste ambiguità vanno denunciate, perché, nonostante siamo sempre stati i più aperti al dialogo, prendo
atto che, dall’altra parte il confronto non interessa, mentre paga, e molto, sul piano del consenso lo scontro.
È fondamentale partire da un principio che siamo costretti a riaffermare senza ipocrisia, noi siamo per il primato della persona, come previsto dalla nostra Costituzione che, contrariamente all’interpretazione che ne dà il mondo ambientalista, sancisce che benessere animale e paesaggio sono sempre in funzione e nell’interesse del progresso generale della “persona Umana”. Su questo dobbiamo chiedere a tutta la politica di esprimersi. Avremo delle sorprese.
È anche chiaro che l’idea che si possa gestire la caccia senza la politica, ma solo con la scienza e la tecnica, è una pia illusione. Manca in tutti gli attori un bene prezioso, che si
chiama onestà intellettuale.
Per questi brevi cenni ritengo che sia fondamentale affiancare alle normali dinamiche di ragionamento di ARCI Caccia, una decisa capacità e volontà di denuncia delle continue
contraddizioni di chi si occupa a vario titolo della materia.
3) Il documento del Congresso che mi ha eletto dedicava ampie pagine al tema della gestione faunistica. Lo dirò con barbara chiarezza: perché sopravviva la caccia ci vuole la selvaggina. Ho riletto quelle riflessioni, tutte ancora attuali, ma oggi completamente abbandonate nel dibattito nazionale. La selvaggina non appare per legge, questi punti sono completamente da rilanciare. Lo strumento di gestione che abbiamo oggi sono gli ATC, che in maniera subdola sono sotto attacco. E’ chiaro, per affermare un modello privato va fatto saltare quello pubblico.
Però è innegabile che la stragrande maggioranza degli ambiti non funziona e non raggiunge gli obiettivi di gestione che la legge gli affida. Pochi cacciatori, a parte che si impegna direttamente, credono più negli ambiti. Tanto più che le pretese egemoniche di Federcaccia, spesso, lo dobbiamo dire, supportate dalle logiche che premiamo la maggioranza e la semplificazione ad ogni costo, fanno di ogni rinnovo una battaglia. L’ATC è un istituto fondamentale per la caccia sociale ma deve crescere e cambiare per non essere lo specchio del nostro fallimento.
4) I rapporti con le altre Associazioni venatorie sono, oggi, formalmente buoni ma sostanzialmente nulli. Nei territori, in particolare, si perde anche quel minimo di correttezza che c’è a livello centrale. Da molti mesi non si riunisce la Cabina di Regia, qualunque azione coordinata è frutto di soli contatti personali. Lo stesso Comitato Tecnico Faunistico, finita la bagarre dei calendari, non elabora nulla e propone ancora meno. La necessità di un organismo federale di rappresentanza del mondo venatorio mi parrebbe ancora oggi attualissima e da rilanciare.
5) Il mondo agricolo chiede soldi, non relazioni, ha già tutte quelle che gli servono. Si possono dare in due modi, o rendendo la caccia privata, o pagandoli per collaborare
alla gestione pubblica della stessa. Io penso sia meglio lavorare sulla seconda ipotesi, merita in tal senso elaborare una proposta precisa e articolata.
6) Abbiamo sempre difeso l’approccio scientifico al tema caccia e continueremo a farlo. Ma le contraddizioni interne a quel mondo e, a volte, l’insostenibilità di certe posizioni, hanno messo all’angolo in questa battaglia noi, ma soprattutto la scienza. Registro che, ultimamente, alcune posizioni sono state ritenute non corrette persino dai Tribunali.
Quale sia la strada per una relazione con il mondo scientifico, il cui sapere sarà sempre più necessario, è una domanda al quale il Congresso dovrà dare risposta.
7) Per ultimo, ritengo opportuna un’analisi sulle ricadute che il cambiamento climatico può avere anche sull’attività venatoria. Questi elementi di nuova conoscenza sì che
potrebbero portare ad una seria riflessione su alcune modifiche alla gestione della caccia in Italia, nell’interesse dei cacciatori e della biodiversità.
A questi brevi cenni si aggiungeranno tutti i contributi e i lavori della Commissione appena completata per la necessaria approvazione nel primo Consiglio utile.
Christian Maffei
Presidente Nazionale
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