Caccia sociale al bivio: tra territorio e profitto

Caccia sociale al bivio: tra territorio e profitto

Il Crepuscolo della Caccia Sociale? Tra Tradizione Territoriale e Rischio Mercificazione

Il Crepuscolo della Caccia Sociale? Tra Tradizione Territoriale e Rischio Mercificazione

In Italia, la caccia non è mai stata solo una questione di prelievo venatorio; è stata, per decenni, un tessuto connettivo tra comunità e territorio. Quella che definiamo “caccia sociale” rappresenta un modello quasi unico in Europa, nato dalla visione della Legge 157/1992, che ha trasformato il cacciatore da semplice fruitore a “sentinella” del territorio, inserito in un sistema di gestione pubblica.

Oggi, però, questo pilastro sembra scricchiolare sotto il peso di proposte di riforma che minacciano di spostare l’asse dal bene comune al profitto privato.

La posizione delle sigle AGRICOLE e di quelle ambientaliste

L’analisi delle posizioni in campo rivela una spaccatura profonda, dove la riforma della Legge 157/92 diventa il terreno di scontro tra due visioni opposte del territorio. Come abbiamo visto nei giorni scorsi analizzando l’iter legislativo, il dibattito si è spostato dalla semplice gestione dei calendari venatori a una questione filosofica e politica: di chi è la natura?

Ecco come si stanno posizionando le principali sigle del mondo agricolo e ambientalista rispetto al rischio di una “mercificazione” della fauna.

1. Il Mondo Agricolo: Tra Pragmatismo e Difesa del Reddito

Per le associazioni agricole (come Coldiretti, Confagricoltura e CIA), la riforma non è una questione ideologica, ma di sopravvivenza economica. La loro posizione è complessa:

  • Il Cacciatore come “Servizio”: Gli agricoltori premono affinché il cacciatore smetta di essere un semplice appassionato e diventi una figura utile al contenimento dei danni (specie per i cinghiali). Vedono con favore la possibilità di “aprire” i fondi privati a interventi più rapidi.

  • Contro la Privatizzazione “Senza Risultati”: Se da un lato chiedono più autonomia nella gestione dei propri terreni, dall’altro temono che una mercificazione estrema trasformi la caccia in un business per pochi, lasciando l’agricoltore comune solo a gestire i danni causati da una fauna “allevata” per fini venatori.

  • La Proposta: Molti settori agricoli spingono per il riconoscimento del ruolo di “bioregolatore” per il cacciatore, ma chiedono che il controllo resti sotto una regia pubblica che garantisca il risarcimento dei danni, cosa che un sistema puramente privato potrebbe rendere più difficile.

2. Il Mondo Ambientalista: La Linea del Piave sulla Fauna Pubblica

Le associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, LIPU, LAV) sono su una posizione di netta chiusura rispetto alle modifiche proposte in questo dicembre 2025. Per loro, il rischio di privatizzazione è una minaccia esistenziale:

  • La Fauna non è Merce: Il timore principale è lo smantellamento del principio secondo cui la fauna è patrimonio dello Stato. Se la caccia diventa un servizio acquistabile in riserve private, si incentiva — secondo gli ambientalisti — l’immissione di specie alloctone o “pronto caccia” per soddisfare i clienti, distruggendo la biodiversità locale.

  • Indebolimento dell’ISPRA: Denunciano il tentativo di bypassare i pareri scientifici dell’ISPRA per dare più potere alle Regioni. Questo, a loro avviso, è il primo passo verso una gestione della natura basata sul consenso elettorale o sul profitto immediato piuttosto che sulla scienza.

  • Il Rischio “Far West”: Sostengono che la liberalizzazione dell’accesso ai fondi privati e il prolungamento della stagione venatoria portino a una perdita di controllo sociale sul territorio, aumentando il rischio di bracconaggio e disturbando i cicli di riproduzione della fauna non cacciabile.

Il Punto di Attrito: Il Fondo Privato

Il vero “nervo scoperto” è l’articolo 842 del Codice Civile, che permette ai cacciatori di entrare nei fondi altrui.

  • Gli ambientalisti lo difendono paradossalmente come baluardo della caccia “pubblica” e democratica (seppur per limitarne i tempi).

  • Alcune frange agricole e venatorie d’élite vorrebbero invece trasformarlo in un sistema a “invito” o a pagamento, segnando ufficialmente il passaggio dalla caccia sociale alla caccia commerciale. Come potete vedere, la partita si gioca su un equilibrio sottilissimo.

C&D – Michele Casale

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