Intervista a Gabriella Alfieri – moglie Stefano Cesaretti

Casalinga, dedita alla famiglia, racconta il suo rapporto con la caccia che vive attraverso il marito.

Quando ha saputo che suo marito era cacciatore?

Ho saputo che mio marito è cacciatore subito dopo averlo conosciuto; ne parlava con orgoglio e passione, come accade ancora adesso. Il tutto è successo nel 1978: 6 anni di fidanzamento e poi oltre 29 di matrimonio.

Che reazione ha avuto quando?

Penso di avere avuto la la reazione tipica di chi non ha mai avuto a che fare con l’”ambiente caccia” e, solo per sentito dire, mi basavo sul fatto che non fosse giusto uccidere poveri animali indifesi. Ma non è stato mai un problema; anzi, ho accompagnato spesso l’allora mio fidanzato e, pur non potendo pensare di essere io a premere il grilletto, mi sono resa conto di quanto un cacciatore riesca ad instaurare un rapporto simbiotico con la natura. Allora non avevamo cani, ma vedevo come interpretava il vento per decidere dove appostarsi, lo zirlo di un tordo, la passione in ogni gesto. Ed ho capito che mai avrei potuto né dovuto interferire con una passione così rilevante.

Qualche aneddoto da raccontare?

Potrei raccontarne tanti. Ad esempio, a quei tempi aveva un amore sviscerato per le anatre al mare; una sera uno stormo enorme gli passò sopra la testa, ma i due colpi andarono a vuoto; credo che avesse voglia di piangere. Sempre tra quelli vissuti, i quattro cacciatori esperti che lo guardarono con sufficienza all’arrivo, con la bocca aperta per un paio di tiri non facili, imbarazzati per la evidentissima differenza del carniere finale. Poi il primo cane, un Breton, la felicità che lo accompagnò; il suo primo fagiano con me presente, che volò mentre pensavamo puntasse una lucertola e Stefano per l’emozione e la paura di sbagliarlo lo fece allontanare pochissimo; e i tanti che mi ha raccontato e mi racconta ogni volta. Come il primo cinghiale, trovato da quel canino, Mirco, e che ammazzò mentre cercava di cacciar via il branchetto per timore di danni al cane: mi svegliò per farmelo vedere…gli rideva tutto il viso. La prima apertura con Mirco, ormai di circa un anno, con 6 starne e 3 quaglie, che è diventata un quadro commissionato da mio suocero come regalo di Natale. E poi tutti gli altri cani, tutti Pinter: RIbot, Victor, Sax, Bliss, Rum. Gli ultimi due sono ancora con noi: i loro arrivi, il loro ultimo saluto, le loro prime prodezze, le prove vinte, le cucciolate ed i diritti di monta, il morso della vipera e gli attacchi dei cinghiali…si potrebbe raccontare ancora a lungo!

Il primo capriolo, il cinghiale enorme fermatosi con l’ultimo colpo, il daino con un trofeo che ci occuperà mezza stanza, la mattinata diventata famosa per le 21 cartucce in due sparate alle beccacce senza risultato, la tripletta ia beccaccini o alle alzavole. Insomma, di bello e di brutto, ma una vita con un cacciatore!

Non c’è altro che è rimasto, in particolar modo, nella sua memoria?

Tra gli altri episodi, c’è tutta la sequela di cuccioli arrivati in casa, tenendo conto che tutti i nostri cani son stati presi da cuccioli: è sempre stato un evento per tutta la famiglia, con mio marito che definirei protagonista tecnico, e tutti noi – io, i figli, i miei suoceri – compartecipi di una gioia e di una emozione. Distinguerei due differenti approcci: il primo è quando si è trattato di acquistare un cucciolo: serate di mio marito al telefono con i vari allevatori per sentire le cucciolate disponibili, i genitori, i nonni e via risalendo la provenienza genetica. Poi, fatta una prima selezione, il confronto con l’amico giudice, che molti di quei cani di cui si parlava li aveva visti. Quindi la scelta, a volte tra mille ripensamenti, della cucciolata e la visita presso l’allevatore per la scelta del cucciolo. Quando in Toscana, quando in Emilia, fino a Brescia, e lì c’ero pure io, quando uno dei batuffoli arrivò con lo sguardo cattivo e un bastone in bocca, ed ebbe il coraggio di rincorrere una rondine. E fu lui a venire a casa!

Da quel giorno ebbe inizio il secondo approccio, perché quel batuffolo crescendo si dimostrò un cane molto apprezzato, e si trattò di scegliere solo tra i diritti di monta. Le scelte ricadevano sulle doti della femmina, e quando mio marito ci vedeva delle doti venatorie, la passione è sempre stata la più ricercata, il cucciolo veniva a casa. Dai suoi discorsi capivo anche che riteneva importante la morfologia e soprattutto che eventuali difetti non si sovrapponessero nella coppia; ma ha sempre onestamente ammesso che serve anche tanta fortuna.

In entrambi i casi a noi veniva concesso di giocare con il nuovo arrivato, e spesso anche di scegliere il nome (purché fosse un nome da cane)! I bambini, soprattutto quando erano piccoli, vivevano la cosa come un gioco; ed a mio marito andava bene, con la sola raccomandazione di stare attenti alle ossa in formazione del cucciolino e di non spaventarlo con rumori o urla; per il resto doveva capire prima possibile che era ben accetto. Il resto sarebbe venuto dopo.

Abbiamo condiviso molti momenti brutti, quando i nostri amati cani ci hanno lasciato; io ho pianto, ma chi davvero ne ha sofferto e lo ha dimostrato senza nessuna vergogna e con tutta la sua umanità è stato Stefano. Tutte le volte, senza eccezione.

Per ultimo lascio un episodio che forse non ha molto di venatorio, ma che per parlare di moglie di un cacciatore credo sia molto significativo: la scelta della data di nozze.

Entrambi avevamo il desiderio di sposarci, per fortuna avevamo entrambi un lavoro e trovammo una casa in affitto; ed io posi il discorso in primavera. Mio marito disse: “bene, ci sposiamo in estate”. Io dissi che i tempi mi sembravano stretti, che c’era da organizzare tutto, e che avrei preferito una mezza stagione. E Lui “ok, primavera prossima!”. Ribattei che aspettare un anno mi sembrava inutile….c’era l’autunno: “ma la caccia?”…e poi mi fece una proposta che oserei definirei irrinunciabile: “guarda, va bene, purché la data non sia troppo vicina all’apertura, e che comunque si torni prima che arrivino le beccacce!” e fu così che ci sposammo il 20 ottobre. Riuscii anche a convincerlo che, quella mattina, “un’oretta a caccia” era meglio evitare!

Come la vive oggi?

Oggi vivo la mia condizione di moglie di un cacciatore con grande naturalezza. Sono felice che mio marito possa appagare una passione così grande, e vedo e comprendo che quelle ore contribuiscono al suo equilibrio. Lui è poi una persona che si impegna, anche nella gestione, nell’organizzazione, fa il capodistretto per la caccia di selezione, ha altre cariche, è un cinofilo appassionato e capace e viene spesso chiamato a giudicare le prove di paese. Insomma, credo davvero sia un cacciatore a tutto tondo: sicuramente inflessibile con gli altri ma prima di tutto con se stesso.

Ha qualche messaggio da far passare?

In un normale rapporto di coppia la condivisione e il rispetto sono alla base di un cammino felice. Io non posso dire che potrei diventare cacciatrice, non ci riuscirei: ma è una passione che rispetto, che ho imparato a capire dai mille gesti e dalla lunga convivenza con un cacciatore; ho anche imparato, da subito, quanto questa passione sia importante per mio marito. Ed il messaggio è molto semplice: quello che è importante per lui, lo è anche per me!

Laura Tenuta

23-Feb-2014 19:35, Canon Canon PowerShot A710 IS, 2.8, 5.8mm, 0.001 sec
23-Feb-2014 19:33, Canon Canon PowerShot A710 IS, 2.8, 5.8mm, 0.006 sec
03-Set-2010 21:24, Canon Canon PowerShot A710 IS, 4.8, 34.8mm, 0.008 sec
 
10-Dic-2012 12:57, Canon Canon EOS 1100D, 5.6, 23.0mm, 0.05 sec, ISO 800
 

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